Ebbi la grande fortuna di conoscerlo nel gennaio del 1975. L’occasione mi venne fornita da una proiezione del suo film Accattone nella sala del San Paolo in Via Santa Teresa all’angolo con Piazza San Carlo, in Torino. E parlammo, parlammo di cinema: mi raccontò che si ispirava alle composizioni di Masaccio; che le sue sceneggiature erano rigorose e che al momento di girare era tutto chiarissimo e che impiegava pochi metri di pellicola e poco tempo per realizzare le scene dei suoi film. Il tutto in un clima di contestazione, violenza, dissenso: incomprensibili. In maniera accorata mi disse che in quel clima era quasi impossibile, per lui, parlare di cinema, soltanto di cinema. Quasi mi ringraziò per il fatto di avergli consentito di rispondere a domande sul suo cinema. E lo fece con pudore, con discrezione; quasi chiedendomi scusa. Io avevo poco più di vent’anni, egli ne avrebbe compiuti 53 il 5 marzo del 1975.
Pochi mesi più tardi, ero a ospite in una casa borghese della prima collina torinese, al risveglio mi colpì un pungo allo stomaco che mi lasciò tramortito e in lacrime per molti giorni: Pier Paolo non c’era più: qualcuno lo aveva cancellato, con truce violenza, dalla nostra realtà. Non dalla nostra vita.
Mi manca, spesso: non il poeta, non il letterato, non il regista. Mi manca Quella Coscienza. Mi manca Quel Lucido Sguardo. Mi manca Quel Sudario Inquietante: quegli avvertimenti poco rassicuranti che richiamavano attenzione. Quanto mi manca….
Nacque il 5 marzo 1922 a Bologna, in maniera casuale, figlio di un ufficiale bolognese e di una maestrina friulana. Visse a Casarsa del Friuli e pubblicò i suoi primi versi in friulano. Studiò poi al liceo classico Galvani di Bologna e si laureò con una tesi sulla poesia di Giovanni Pascoli. E poi, dopo la tragedia della perdita del fratello più piccolo – partigiano trucidato in Istria nel 1944 – si trasferì a Roma. Ebbe modo di lavorare con Rossellini e, soprattutto, con Federico Fellini. Ho ricordi vivissimi del suo Vangelo, del suo Salò visto a Locarno nel 1976 con Plinio Martelli: in Italia era vietato. Imperversava Margherita di Cocciante e stavo per partire militare. Margherita, mia moglie, l’avrei conosciuta pochi mesi dopo. Accidenti, le cose della vita….
Oggi è di moda usare e abusare di una sua poesia del 1968 piegandola ai propri bisogni, quali essi siano. Eccola qui: nulla c’entra con i No Tav e con qualsiasi altra faccenda che non sia rapportabile ai fatti e al tempo per i quali fu concepita e scritta. Oggi Pier Paolo chissà cosa saprebbe dirci: qualcosa lo aveva predetto, ma non tutto. Non Tutto.
Il Pci ai giovani!!
di
Pier Paolo Pasolini.
È triste. La polemica contro
il PCI andava fatta nella prima metà
del decennio passato. Siete in ritardo, figli.
E non ha nessuna importanza se allora non eravate ancora nati…
Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi
quelli delle televisioni)
vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio
delle Università) il culo. Io no, amici.
Avete facce di figli di papà.
Buona razza non mente.
Avete lo stesso occhio cattivo.
Siete paurosi, incerti, disperati
(benissimo) ma sapete anche come essere
prepotenti, ricattatori e sicuri:
prerogative piccoloborghesi, amici.
Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
coi poliziotti,
io simpatizzavo coi poliziotti!
Perché i poliziotti sono figli di poveri.
Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.
Quanto a me, conosco assai bene
il loro modo di esser stati bambini e ragazzi,
le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui,
a causa della miseria, che non dà autorità.
La madre incallita come un facchino, o tenera,
per qualche malattia, come un uccellino;
i tanti fratelli, la casupola
tra gli orti con la salvia rossa (in terreni
altrui, lottizzati); i bassi
sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi
caseggiati popolari, ecc. ecc.
E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci,
con quella stoffa ruvida che puzza di rancio
fureria e popolo. Peggio di tutto, naturalmente,
e lo stato psicologico cui sono ridotti
(per una quarantina di mille lire al mese):
senza più sorriso,
senza più amicizia col mondo,
separati,
esclusi (in una esclusione che non ha uguali);
umiliati dalla perdita della qualità di uomini
per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare).
Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care.
Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia.
Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!
I ragazzi poliziotti
che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione
risorgimentale)
di figli di papà, avete bastonato,
appartengono all’altra classe sociale.
A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici.
I fatti di Valle Giulia si riferiscono ai primi giorni di marzo del 1968, a Roma. Tra gli studenti contestatori c’erano, tra gli altri, Giuliano Ferrara e Ernesto Galli Della Loggia. Tra i celerini militava Michele Placido…..