Nicola Silvano se n’era andato nel giugno di quello stesso anno, il 2004.
Gli insondabili meccanismi che regolano le esistenze, l’Esistenza Stessa, decisero che il 29 novembre Luigi Veronelli dovesse abbandonare questo nostro mondo.
E mi ritrovai orfano vero: dopo aver perduto tre anni prima mio padre e pochi mesi avanti Luciano.
Tutti i miei maestri importanti: quelli con cui avevo sempre avuto profonde diversità di vedute e altrettanto profonde coincidenze dissolti nello spazio di un amen.
Nessun santo, fra questi: nemmeno dopo morti.
Fatte salve rarissime eccezioni, non mi piacciono i santi e dei fanti poco o punto mi preoccupo. E i meno santi fra loro, proprio Gino e Nicola Silvano: al funerale di quest’ultimo, cui non partecipai – non amo i funerali, vegliai in solitudine la salma – la chiesa era affollata da almeno quattro o cinque vedove e l’ultima giovanissima….
Ho finito di leggere questo libro – Giunti Editore per Slow Food, 320 pp. per 16,50 €, scritto a quattro mani da Gian Arturo Rota e Nichi Stefi – or ora e sono imbarazzato a scriverne.
Perché è complicato recensire un libro che narra – tenta di narrare, riassumere in fondo – l’esistenza intera di un uomo che ho avuto il privilegio di conoscere e che appartiene alla memoria di molti: in ognuna di quelle memorie uno spiraglio, più o meno ampio, di luce che illumina soltanto una parte di quella persona che visse, con pienezza, l’esistenza irripetibile di Luigi, Gino per gli amici, Veronelli.
Ho riempito il libro di orecchie e di appunti: io sono uno che i libri, quelli che gli servono, li ara, li stropiccia, li annota. Non li rispetta, nel senso formale del termine.
Desideravo entrare nel merito tecnico delle scelte editoriali, delle scelte estetiche; riportare qualche frase, qualche brano memorabile, almeno nelle mie valutazioni.
Al contrario, ho deciso di risparmiarmi l’esegesi e di citare un bel nulla: il libro è già dolorosa scelta degli autori tra ciò, poco, che viene testimoniato e l’immenso giacimento che resta nell’oblio (si fa per dire, trattando di un uomo che ha lasciato un mare oceano di scritti).
Non mi dovevo piegare a una misera scelta ulteriore, né a un giudizio estetico privo di alcun valore.
Dunque, seguendo il metodo di Veronelli: leggi, mio raro lettore, questo libro. Ci troverai del buono, che tu abbia avuto – com’io l’ebbi per buona ventura – il privilegio di conoscerlo, Veronelli Gino (per gli amici), o meno.
Ci troverai comunque del buono.
E spesso ti soprenderai a interrogarti: non esagerare (con le elucubrazioni) e bevici sopra un vino; qualunque, pur che sia quello giusto.
Salute.