Questo volume, pubblicato in Italia da Guanda nel 1992 e tradotto in occidente per la prima volta da Phébus (Parigi) nel 1981, è un autentico, e per certo unico, gioiello.
E’ stato scritto da Al Tifashi, erudito tunisino nato intorno al 1184 nel sud della Tunisia e morto al Cairo nel 1253.
E’ una raccolta di considerazioni, aneddoti e poesie che ha per tema conduttore le manifestazioni dei costumi sessuali del tempo. Il fatto straordinario è che la prospettiva con cui questi temi vengono proposti e raccontati è di candida, disincantata e disarmante naturalezza: in questo testo si parla di omosessualità maschile e, fatto davvero incredibile (non solo per i tempi e i luoghi), femminile.
Si tratta di sodomia, di prostituzione e di ogni altro possibile risvolto che il sesso, sempre esaminato sotto forma di reciproco piacere, con attori consenzienti e da un’angolazione estetica, può prevedere.
La lettura di un testo del genere porta per necessità a esaminare certe consolidate e superficiali opinioni riguardo alla cultura dell’Islam come sempre ci viene propinata. E anche a riesaminare un secolo che, come certo tutti i grandi medievisti ben sanno, seppe essere forse il primo momento di vero scambio di culture millenarie: e la nostra non era di sicuro quella che aveva da dare di più.
La vita non mi è davvero gradita
se non quando ho passato la notte
fra il ventre di una schiava
e la schiena di un ragazzino.
Penetro lei, penetro lui,
lui penetra me. Il piacere mi si offre
indifferentemente: davanti e dietro.
Al-Ja’farani